La dermatite da contatto è una patologia della pelle facente parte del gruppo degli eczemi, affezioni cutanee di carattere infiammatorio con andamento acuto o cronico.

Le dermatiti da contatto sono una delle principali patologie per le quali viene richiesta una visita dermatologica, essendo estremamente frequenti.

Tutte le dermatiti da contatto condividono il medesimo meccanismo causale: il contatto diretto della pelle con oggetti o materiali in grado (attraverso diversi sistemi) di scatenare una reazione cutanea.

Le dermatiti da contatto sono suddivise in due grandi gruppi:

  • dermatiti irritative da contatto
  • dermatiti allergiche da contatto.

Dermatiti irritative

Le forme irritative sono decisamente più frequenti, rappresentando circa il 70-80% di tutte le dermatiti da contatto. Si tratta di infiammazioni cutanee localizzate in aree esposte ad agenti irritanti per la pelle (fisici, chimici o biologici) che si manifestano poco dopo il primo contatto con l’agente scatenante (qualche ora o al massimo pochi giorni, quando insorgono in forma acuta) nella sede di contatto.

I sintomi clinici sono arrossamento, raramente vescicole o bolle, secchezza e desquamazione della pelle, bruciore, talora dolore localizzato, prurito moderato. Ne sono esempi la dermatite da ammoniaca (agente chimico), le dermatiti da punture di insetto o da piante come le ortiche (agenti biologici), le dermatiti scatenate da agenti fisici (caldo, freddo, radiazioni).

La caratteristica delle dermatiti irritative è che sono strettamente collegate all’esposizione all’agente causale e possono colpire chiunque venga a contatto con esso, non essendo forme allergiche. In genere si risolvono dopo applicazione di un cortisonico locale e con l’allontanamento dell’agente causale e non si ripresentano più, se non dopo un secondo contatto con l’agente scatenante.

Le forme croniche di dermatite irritativa si manifestano quando l’esposizione all’agente causale è ripetuta e continua: ne è un esempio frequentissimo la cosiddetta “mano della casalinga”. Si tratta di un’estrema secchezza delle mani che talvolta determina la formazione di dolorosi taglietti, soprattutto a carico dei polpastrelli. La causa di questa forma di dermatite è l’esposizione continua ad agenti chimici irritanti (detersivi) associata alla ripetuta immersione delle mani in acqua con conseguente perdita del film idrolipidico di superficie. Tale condizione è tipica delle donne perché maggiormente esposte a questo tipo di insulti: l’utilizzo di guanti di gomma per effettuare i lavori domestici, la riduzione del numero di lavaggi delle mani, l’impiego quotidiano di una crema idratante ricca ad azione riepitelizzante aiutano la guarigione da questa forma di dermatite, o perlomeno il contenimento dei sintomi.

Dermatiti allergiche

Le dermatiti allergiche da contatto sono affezioni della pelle di aspetto simile alle forme irritative, ma completamente diverse dal punto di vista delle cause scatenanti.

Si tratta infatti di forme di dermatite causate dal contatto con agenti chimici o biologici (denominati allergeni) in grado di indurre sensibilizzazione solo in alcuni soggetti predisposti. Per tale motivo lo sviluppo delle manifestazioni cliniche di dermatite allergica da contatto, a differenza di quanto accade nelle forme irritative (che possono interessare qualsiasi soggetto esposto all’agente scatenante) si verifica solo in soggetti predisposti, denominati pertanto soggetti allergici a tali sostanze.

Le manifestazioni cliniche includono arrossamento, presenza di vescicole e bolle, intenso prurito e bruciore in caso di soluzione di continuo sulla superficie cutanea. I sintomi clinici di dermatite allergica da contatto insorgono sempre nell’area cutanea del contatto diretto, ma possono in un secondo momento diffondersi in altre zone del corpo, con manifestazioni cliniche a distanza (si parla in questi casi di “marcia dell’eczema”).

Patch test per dermatite

Presso il Centro Medico Genesy viene eseguito, assieme alla visita dermatologica, un test specifico denominato patch test che permette di fare, o meno, diagnosi di dermatite allergica da contatto.
Il test consiste nell’applicare sulla schiena del paziente dei cerotti (una trentina circa) contenenti ciascuno una piccola quantità rappresentativa di ognuno degli allergeni più frequentemente implicati nella genesi delle allergie cutanee. I cerotti debbono essere lasciati in sede per 48 ore sulla schiena del soggetto ed in seguito rimossi. Alla rimozione dei cerotti il medico effettua una prima lettura per registrare eventuali reazioni allergiche. Dopo ulteriori 48 ore, quindi 96 ore dopo l’applicazione dei cerotti, viene effettuata una seconda lettura dal medico per registrare le reazioni persistenti. Solo queste ultime sono indicative di un’allergia da contatto vera e propria. E’ fondamentale per la validità del test che le letture siano due: una positività a 48 ore non implica che si tratti di una vera e propria allergia, mentre la positività a 96 ore si verifica solo quando il soggetto è realmente allergico.

Una volta individuata la causa dell’allergia sarà necessario esaminare con attenzione tutte le abitudini del soggetto e ogni occasione possibile di esposizione e contatto con l’allergene risultato positivo al patch test. Il medico saprà indicare, sulla base del racconto dettagliato del paziente, quale possa essere il prodotto utilizzato in grado di scatenare la reazione, sia in ambito professionale che extraprofessionale, e di consigliare le strategie da adottare per evitare l’esposizione a tale allergene.

Allergeni più comuni

Tra gli allergeni coinvolti nelle dermatiti da contatto i più noti sono i metalli (come il nichel, molto diffuso anche in oggetti di uso quotidiano), i profumi, le gomme (in particolare le proteine del lattice), i conservanti per i prodotti cosmetici (i parabeni ad esempio).

Lo sviluppo dei sintomi non si verifica dopo la prima esposizione all’allergene, ma richiede una seconda esposizione: per questo motivo il paziente affetto da dermatite allergica da contatto non riconduce immediatamente l’allergia ad uno specifico allergene con cui ha avuto contatto e spesso la ricostruzione degli eventi richiede un’anamnesi approfondita.

Un altro dubbio frequentemente espresso dai soggetti che sperimentano una dermatite allergica da contatto per la prima volta è l’assenza di manifestazioni analoghe in passato: è importante sottolineare come le allergie da contatto possano svilupparsi ex novo in persone di qualunque età, dall’infanzia alla terza età, anche se risultano più frequenti statisticamente nella fascia d’età media (20-40 anni).

Le allergie da contatto sono una patologia piuttosto frequente, soprattutto in ambito lavorativo: si stima che le dermatiti da contatto costituiscano l’80-90% delle patologie cutanee di natura professionale.

Nichel

Tra gli allergeni più frequentemente implicati nella genesi di un’allergia da contatto il principale è il nichel (in Europa causa in media il 20% delle dermatiti allergiche da contatto, con punte del 25% nelle donne a causa dell’esposizione maggiore a detersivi, cosmetici e bigiotteria), seguito dai profumi (10% circa) e altri metalli come cobalto e cromo (insieme rappresentano il 10% circa). Il nichel è un metallo piuttosto diffuso poiché viene ampiamente utilizzato nella produzione di accessori metallici (bottoni, cerniere lampo, bigiotteria, attrezzature metalliche come forbici, pinzette, etc) e anche nella produzione di detersivi essendo uno sbiancante ottico. Nell’industria cosmetica il nichel è presente nei prodotti finiti (creme, detergenti, lozioni, trucchi) non in qualità di componente, ma di contaminante: durante il processo di produzione alcune particelle di nichel possono entrare a far parte del prodotto se quest’ultimo viene conservato o preparato in recipienti metallici. Per garantire la sicurezza dei prodotti destinati ai soggetti allergici è possibile eliminare le eventuali tracce di nichel nei cosmetici attraverso dei procedimenti di post-produzione e testare il prodotto finito per verificare che contenga percentuali trascurabili di nichel. Le direttive europee (CEE 94/27) impongono alle aziende di verificare che all’interno dei prodotti metallici non siano presenti tracce di nichel in quantità superiore allo 0,05% della massa totale. Attualmente non esiste un’analoga regolamentazione che imponga alle aziende produttrici di cosmetici di verificare o dichiarare se nel prodotto ci sono tracce di nichel. Alcuni produttori, però, spontaneamente effettuano questa procedura e in alcuni casi indicano in etichetta la dicitura “nickel tested”. Tale dicitura garantisce che all’interno del prodotto la quantità di nichel sia pari a <0,00001%, considerata una percentuale trascurabile. Ciò non significa che si possa escludere categoricamente una reazione allergica causata dall’impiego di tali prodotti, ma solo che il rischio di dermatite sia sensibilmente ridotto rispetto ai prodotti non testati. Viceversa, numerose aziende che testano i loro prodotti per eliminare la maggior quantità possibile di nichel scelgono di non indicare sulla confezione la dicitura “nickel tested”, ma questo non significa che il prodotto non sia stato sottoposto a controlli. Per tale motivo, vista la scarsità di norme in materia, i soggetti affetti da allergia comprovata al nichel dovrebbero affidarsi sempre alla prescrizione del dermatologo o al consiglio del farmacista per individuare i prodotti cosmetici più sicuri per la propria pelle.

Allergie alimentari

Le allergie alimentari al nichel, secondo recenti studi, sarebbero decisamente sovrastimate rispetto al numero effettivo di casi. Gli alimenti contenenti nichel sono numerosi: pomodori, legumi, alcuni vegetali (cipolle, spinaci, asparagi, broccoli, carciofi, carote ad esempio), crostacei, cioccolato ed in generale derivati del cacao, noci e nocciole, cereali integrali; altri alimenti contengono nichel in seguito alla lavorazione industriale che subiscono o ai metodi di conservazione: alimenti conservati in scatole di alluminio o lattine ad esempio (tonno in scatola, i sottaceti, i sottoli e gli olii di semi o di mais in lattina ne sono esempi).

Anche le modalità di cottura dei cibi possono condizionare il rilascio di nichel: le pentole in acciaio inox ad esempio, specialmente se utilizzate per la cottura di vegetali. Anche l’acqua del rubinetto contiene quantità discrete di nichel: importante soprattutto per gli allergici non bere il primo getto dell’acqua, dove il metallo si accumula in quantità maggiori, ma farla scorrere prima di bere. Le allergie scatenate dagli alimenti sono conosciute come allergie sistemiche al nichel, poiché le manifestazioni cliniche in questi casi non si limitano ad alcune aree corporee, ma si evidenziano su quasi tutto l’ambito corporeo e spesso associano ai sintomi cutanei anche sintomi sistemici (nausea, diarrea, gonfiore addominale, malessere generale, cefalea). Si tratta di una percentuale minima di casi: pertanto la dieta povera di nichel va riservata solo ad alcuni selezionati pazienti, dopo attenta analisi del caso clinico e in seguito a fallimento della prevenzione nei confronti degli allergeni da contatto.

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